Nel Parco Archeologico si trovano i cunicoli e le gallerie di accesso all’emissario claudiano con i resti delle opere e delle attrezzature usate per il prosciugamento del Lago Fucino.
L’autore greco Strabone fu il primo ad occuparsi del Fucino descrivendolo come “un lago che sembra un mare”, soggetto a “forti variazioni di livello”. In realtà, il lago aveva un aspetto duro e avaro di concessioni e spesso inondava e devastava le terre vicine procurando gravi danni alle coltivazioni e minacciando continuamente le popolazioni che vivevano in continua tensione, incapaci di difendersi dal regime instabile del lago.
Fu proprio tale pericolosità a spingere gli uomini ad un’impresa gigantesca, quella del prosciugamento. Giulio Cesare concepì il primo progetto dopo una disastrosa inondazione. Nerone fece iniziare i lavori di scavo e Claudio li completò nel 52 dopo Cristo con grande impiego di mezzi. La galleria, lunga 5633 metri, fu inaugurata con una grande “naumachia”; ma non resse al tempo ed all’incuria umana e nel VI secolo si ostruì completamente ed il lago tornò ad essere quello di un tempo. I lavori del secondo svuotamento furono iniziati e completati nella seconda metà del secolo XIX per opera del Principe Alessandro Torlonia. Oggi la Piana del Fucino è una delle zone più fertili d’Italia.